La lezione magistrale del Prof Mordacci dedicata al tema del “Cinema con filosofia” tenuta presso la Scuola di Pratiche Filosofiche e Counseling Filosofico Pragma di Milano, conferma che il mondo dello spettacolo televisivo, o del cinema, può offrire diversi strati di lettura per generare dei dialoghi e discorsi più profondi rispetto a quelli che spesso si affrontano con leggerezza durante le occasioni conviviali.
Questa tipologia di intrattenimento può essere quindi uno strumento aggiuntivo nel bagaglio del consulente. Rifacendoci alla tradizione buddista, ma non solo, la vita è dolore e occorre trovare la via per cercare di superarlo e così fanno tutti, chi con l’aiuto di amici, conoscenti, figure religiose, da soli o con dei consulenti. A volte guardare un film, o una serie TV, permette di volgere lo sguardo verso situazioni che prima non si consideravano affatto, oppure rivalutare certi aspetti di esperienze vissute. Proprio le serie TV, ormai sempre più presenti nella nostra vita, potrebbero offrire un insieme di spunti per un dialogo che possa aiutare un Consultante in crisi.
La ormai pervasiva presenza delle serie TV, sui canali tradizionali o in streaming (o forse lo streaming è già diventato la “nuova” tradizione?), sembra offrire un ampissimo catalogo di “titoli” sempre più variegato per approfondire e sviscerare i diversi temi che riguardano i comportamenti dell’uomo affinché questi generino interesse nello spettatore e, di conseguenza, seguire il racconto fino al suo compimento.
Certo, molte serie sembrano create solo per riempire un catalogo di offerta, con trame scontate che non superano due o tre stagioni, ma ci sono molte altre situazioni dove il racconto è ben fatto e ben recitato.
I meccanismi con cui le serie generano interesse possono essere diversi ed è per questo che spesso, i gruppi di lavoro che scrivono le sceneggiature, comprendono anche quelle figure professionali esperte nel campo psicologico e/o filosofico. Infatti, tra gli elementi più interessanti dei serial, troviamo sicuramente le motivazioni che influenzano le scelte dei protagonisti (e delle loro conseguenze). Basti pensare alle classiche situazioni di dilemma, quando un personaggio deve scegliere tra un male minore e uno ancora più grande, piuttosto che considerare il tema della fiducia e del “credere” verso gli altri personaggi della storia e degli altri accadimenti.
Un Consulente Filosofico potrebbe quindi trovare appigli utili con il proprio Consultante considerando i suoi interessi e lavorandoci insieme (si, c’è già qualcuno che lo fa anche a scuola, ad esempio Tommaso Ariemma).
Ovviamente, il fatto che una serie abbia un certo seguito significa che esiste una sorta di empatia tra i personaggi (il prodotto di sceneggiatori, produttori, regista, ecc.) e il pubblico, dove quest’ultimo si ritrova immerso nel continuum della storia o, come spesso capita, si immedesimi in uno dei personaggi. Questo non è di certo un meccanismo nuovo perché è ciò che avviene anche durante la lettura di un libro o quando si assiste a un concerto e così via. Insomma, quando qualcosa o qualcuno entra in contatto con la nostra emotività (il nostro logos come discorso) ed emergono delle emozioni.
Tra le serie più conosciute e contrastanti in questo senso si nota particolarmente “Breaking bad”, creata da Vince Gillgan nel 2008 di cui sono state prodotte 5 stagioni e un film “spin off” (El camino) per dare il giusto completamento della storia del coprotagonista del serial, Jessie Pinkman. Può essere considerata una sorta di miniera per i temi e significati che per tutta la vicenda vengono trattati. Infatti la serie è studiata e progettata accuratamente, con molti intrecci e personaggi caratteristici, ma anche con una scelta della fotografia sempre coerente in colori e dettagli particolari, oltre che da titoli “iconici” per ogni episodio (ad es. Ozymandias, dalla poesia di Percy Shelley). La storia è un vero e proprio “spaccato” di vita, dove non ci sono lungaggini e neppure episodi superflui. Tutti gli aspetti sono dosati con cura e attenzione, così come si dimostra poi il personaggio principale su cui verte la serie. Così, possono essere individuati facilmente dei temi per iniziare un dialogo.
Questa serie è inserita in un logos comprensibile a tutti, dove un padre di famiglia vive una vita tranquilla come insegnante di chimica in una scuola superiore statale in New Mexico, con una moglie in cinta di una bambina (non prevista) e un figlio adolescente con qualche problema fisico che condiziona la sua vita e spesso il suo umore. Il padre, però, scopre di essere ammalato di un tumore ai polmoni e inizia una riflessione personale a riguardo dei soldi che serviranno a curarlo, probabilmente con scarse possibilità di successo lasciando poi un debito enorme alla famiglia che non potrà mai ripagare. Piuttosto che indebitarsi, dopo aver visto un servizio giornalistico sui guadagni (enormi) dei produttori di droga, decide di usare il suo talento cristallino di chimico per iniziare a produrre metamfetamina. Si pone, però, un problema: lui non è mai stato una persona “cattiva” e ha bisogno di qualcun altro per iniziare una carriera criminale, qualcuno con più esperienza nel settore. Nasce quindi un sodalizio tra Walter White e Jessie Pinkman, un insegnante di chimica e il suo ex allievo di scuola che spaccia marijuana in maniera dilettantistica che riuscirà ad eguagliare la bravura del suo mentore. In questa strana coppia, dove Walter è l’ingenuo e Jessie l’esperto (del mondo della droga), si innescano rapporti di complicità dove uno compensa le mancanze dell’altro, ma anche e soprattutto di ampio uso della retorica per manipolare il pensiero altrui. Diventa presto chiaro che la personalità di Walter, o meglio la sua visione del mondo (e quindi un nuovo logos) si è evoluta in un modo tutt’altro che prevedibile rispetto alla sua vita precedente, così come Jessie acquisirà, invece, il ruolo dell’ingenuo. Prendendo spunto dai concetti aristotelici di forma e sviluppo, l’atto che fa deflagrare il potenziale “cattivo” di Walter verso la sua nuova forma (con una brusca svolta, cioè la breaking bad) è la scelta di uccidere un uomo che ormai aveva scoperto la loro attività criminosa. Walter vorrebbe lasciarlo vivere, ma ha paura che potrebbe ucciderlo una volta libero, nonostante le promesse e fa’ di tutto pur di non occuparsi di questa cosa, tra cui testa o croce (con Jessie) e una lista dei pro e dei contro per interpretare meglio le conseguenze del suo gesto.
Filo conduttore della serie è il dolore dei vari personaggi e di come questo possa essere causa e conseguenza delle loro azioni. Ad esempio, per sfuggire alla sofferenza della sua vita, Walter prova a diventare un produttore di droga, causando però sofferenza alla sua famiglia e a Jessie. Non solo lui, ma anche la moglie, soffrendo la situazione creatasi, lo tradisce con un altro uomo. Così anche il figlio, che subisce le difficoltà di una separazione mai definitiva, così Jessie che di fronte alla morte delle persone a lui vicine, cerca riparo nella droga, e così via.
Ulteriore tema è la hybris di Walter. Durante tutta la serie, la sua volontà di dominare tutto, di essere il chimico migliore, il trafficante migliore, di spazzare via ogni ostacolo al suo obiettivo cresce in modo costante, ma solo alla fine si renderà conto che ormai gli obiettivi sono terminati e lui ha perso tutto: famiglia e denaro.
La trama ricorda le partite di scacchi: lente, ma costantemente in movimento, con un’accelerazione sul finale dove i pochi pezzi rimasti possono pre-determinare una patta o una sconfitta che è solo una questione di tempo. Anche il tempo è un fattore portante per la serie, in quanto misura dell’attesa della morte di Walter fin dalla prima puntata e un fattore importante per la produzione in quanto, nonostante il grande successo, ha scelto di chiudere la serie al momento giusto, prima di spingersi oltre e rovinarla.
Quando si dice avere “il senso della misura”… (katà métron)
Autore. Valerio Armandi: bergamasco di nascita e milanese d’adozione, mi sono laureato all’interno del vasto panorama delle scienze agrarie nel 2011. Per circa 10 anni, fino al 2016, sono stato un praticante di arti marziali, dove ho trovato il mio primo riferimento filosofico nella figura di Bruce Lee. Dal 2012 sono impiegato nel ramo commerciale di un’azienda fornitrice di servizi di facility management.”
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