“In una clinica per la fertilità scoppia un incendio. Ti trovi nella condizione di poter salvare una bambina di cinque anni oppure un contenitore con venti embrioni congelati. Cosa fai? Chi decidi di salvare?” (Hannas, 1998).
Quando pongo questo dilemma durante le mie lezioni di filosofia clinica sperimentale tutti i partecipanti ammettono, senza se e senza ma, che salverebbero la bambina di cinque anni. Tale scelta, già di per sé, dimostra che il dilemma dell’incendio non è un vero e proprio dilemma ma una decisione difficile (Nave, 2020). La scelta cui l’agente è chiamato non sembra infatti tra due mali equivalenti ma tra un male radicale (vedere una bambina di 5 anni morire tra le fiamme di un incendio) e un altro male che appare di minore entità, cioè veder bruciare venti embrioni congelati. Una scelta nse vogliamo dolorosa ma che appare obbligata.
La scelta di salvare la bambina e sacrificare i venti embrioni viene sostenuta anche da coloro che difendono la tesi che l’embrione è una persona (T:E=P); ma chi difende con convinzione questa tesi come può giustificare razionalmente la scelta di salvare una persona e sacrificarne venti senza cadere in un paradosso logico e morale?
Chi nel dibattito sostiene T:E=P si appella per lo più all’enciclica di Giovanni Paolo II Evangelium Vitae (1995) ma soprattutto al documento Dignitas Personae (2008) della Congregazione per la Dottrina della Fede, nel quale, per la prima volta, il Magistero della Chiesa cattolica romana prende chiaramente e sistematicamente posizione a favore di T:E=P. Il documento recita che “l’essere umano va rispettato e trattato come una persona fin dal suo concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita” (n. 4).
Per ammissione dei suoi stessi sostenitori, questo impegnativo pronunciamento del Magistero può, almeno a prima vista, presentare difficoltà insormontabili. Appare evidente agli occhi di tutti che l’embrione non esercita gli atti propri della persona e, nel nostro caso, di una bambina di cinque anni. Proprio alla luce di questa evidenza tutti i partecipanti alle mie lezioni non hanno dubbi sulla scelta di chi salvare.
T:E=P viene difesa in base ad almeno due strategie: la prima rimanda alla convinzione religiosa per cui l’anima entra nel nuovo essere umano nel momento del concepimento, la seconda sostiene, in maniera più razionale, che se è vero che l’embrione non esercita gli atti propri di una bambina di cinque anni è altrettanto vero che egli, a cominciare dallo stadio iniziale dello zigote, sia una vivente totalità, un individuo umano, un’umana sostanza vitale in sé completa ed ontologicamente sempre più autonoma rispetto al corpo della madre. Questa prima cellula costituisce già una “persona” con una sua dignità e con i suoi diritti, da rispettare senza condizioni o discriminanti temporali. Ogni essere umano inizia la sua vita come embrione. E se la vita umana è degna di rispetto e, per la sua stessa umanità, è inviolabile, è sbagliato pensare che alla fase iniziale di sviluppo possa non essere degna di rispetto. Visto che non si può indicare un momento preciso, nell’intervallo dal concepimento alla nascita, che corrisponda all’emergere della persona umana, gli embrioni sono dotati della stessa individualità dell’essere umano pienamente sviluppato.
Il problema relativo allo status dell’embrione come persona è importante perché ha pesanti ricadute in merito a diverse questioni bioetiche e politiche che sorgono all’inizio della vita umana, come ad esempio la possibilità di usare gli embrioni sovrannumerari della FIVET per scopi di ricerca sulle cellule staminali embrionali, con l’obiettivo di sconfiggere malattie come il morbo di Parkinson che, in Italia, colpisce duecentocinquantamila persone all’anno. Sarebbero centinaia di milioni i pazienti che potrebbero giovare di questa ricerca in tutto il mondo. Quindi anche chi difende T:E=P con forti convinzioni religiose, e quindi nega la possibilità di usare gli embrioni per la ricerca scientifica, è chiamato ad analizzare e discutere il problema in maniera razionale con chi invece nega la suddetta tesi. Una convinzione religiosa non è immune da critiche razionali né è impossibile da difendere razionalmente. Nel dibattito pubblico raramente si assiste a discussioni ragionate ma generalmente a scambi di accuse e anatemi magari conditi di veri e propri insulti. Da una parte si accusano gli avversari di essere dei distruttori della dignità umana, dall’altra si sostiene che i nemici siano oscurantisti di stampo medievale. Entrambe queste accuse sono false.
Una prima critica a T:E=P sostiene che il fatto che ogni individuo umano inizi la sua vita come embrione non prova che l’embrione sia una persona. la tesi “ogni quercia è stata una ghianda” non significa che le ghiande sono querce o che la distruzione di una ghianda equivalga alla distruzione di una quercia secolare. Nonostante la continuità dello sviluppo che porta dalla prima alla seconda, la ghianda e la quercia sono diverse. In base all’argomento della potenza e dell’atto, le ghiande sono querce in potenza, come gli embrioni sono persone umane in potenza. Le creature senzienti godono di diritti che le creature non senzienti non hanno; essere capaci di esperienza e coscienza comporta diritti ancora maggiori. La vita, e la vita umana in particolare, si sviluppa per gradi.
Il ragionamento che sostiene T:E=P ammette che è impossibile stabilire un momento non arbitrario nello sviluppo umano nel quale subentra la persona. Se l’embrione non è ancora persona, quando lo diventa? Alcuni sostengono che la nascita è il momento che segna l’avvento della persona, ma questa tesi va incontro alla difficoltà di giustificare l’aborto o lo smembramento di un feto di otto mesi a fine di ricerca scientifica. Ma la difficoltà di specificare l’inizio esatto dell’essere persona lungo il continuum evolutivo non stabilisce, comunque, che l’embrione sia una persona. Il problema di indicare una soglia lungo un continuum va incontro al “paradosso del sorite” (dal greco sòros, mucchio). Quanti chicchi di grano sono un mucchio? Un chicco o due o tre non sono un mucchio, ma il fatto che non esista un numero non arbitrario di chicchi a partire dal quale si parla di mucchio non significa che non ci siano differenze tra un chicco e un mucchio, né autorizza a concludere che un chicco sia un mucchio. Il dato di fatto della continuità evolutiva dallo zigote all’embrione, poi al feto e al neonato, non significa che lo zigote e il bambino siano la stessa cosa.
Negare lo status di persona agli embrioni non significa affermare che siano delle cose da utilizzare senza regole. Gli embrioni non sono inviolabili ma possono non essere nemmeno cose a nostra completa disposizione. Per affrontare la questione in tutta la sua complessità è necessario superare l’aut-aut della religione, ma anche della morale kantiana, in base a cui tutto è persona da rispettare oppure è cosa suscettibile di utilizzo. L’alternativa a T:E=P non è l’indifferenza morale ma per assumere una condotta rispettosa verso l’embrione non è necessario considerarlo come un bambino già nato.
L’essere persona non può essere la sola garanzia del rispetto. Se un eccentrico miliardario acquistasse la Notte Stellata di Van Gogh per usarla come zerbino commetterebbe una specie di sacrilegio e dimostrerebbe una vergognosa mancanza di rispetto, non perché il dipinto è una persona ma perché è un capolavoro artistico che merita di essere preservato e non trattato come un mero oggetto d’uso. La vita – umana e non – merita di per sé rispetto ma il rispetto ha diversi gradi. Fare esperimenti sui topi non è più semplice come una volta: bisogna rispettare delle regole che riducano al massimo le sofferenze a questi roditori. Ma sperimentare sui gatti e sui cani è ancora più difficile, mentre sugli scimpanzé è consentito solo se la ricerca offre ottime garanzie di successo e se non ci sono metodi alternativi per raggiungere gli scopi previsti.
In merito alla questione dell’embrione come oggetto di ricerca a scopi terapeutici, il modo migliore per contrastare le spinte alla strumentalizzazione della tecnologia e del commercio non è adottare un’etica del tutto-o-nulla del rispetto della persona alla ricerca del limite tra l’essere e non essere persona. Più che mirare alla proibizione della ricerca sperimentale sulle cellule staminali embrionali e della clonazione a scopo di ricerca è necessario fare in modo che avvengano in una cornice di norme etiche e giuridiche che impongano il rispetto per la vita umana allo stadio nascente del suo sviluppo. Il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) registra posizioni articolate rispetto all’uso delle cellule staminali embrionali umane, e se è comune la condanna morale della commercializzazione e brevettazione di cellule staminali umane, alcune posizioni ritengono lecita la derivazione di cellule staminali a scopi terapeutici dagli embrioni soprannumerari non impiantabili (previo consenso della donna o della coppia); tale posizione è motivata dall’intento solidaristico di fare il possibile “per aiutare quanti oggi patiscono gravi sofferenze perché colpiti da malattie di grande impatto sociale e ancora difficilmente curabili”. Da un punto di vista etico si tratta di utilizzare la strategia del bilanciamento tra costi e benefici e vagliare se sia lecito utilizzare embrioni comunque destinati alla morte in vista di una cura di malattie che colpiscono milioni di persone nel mondo. Numerosi Paesi si attrezzano per stabilire norme che possano garantire il progresso biomedico nella lotta alle malattie pur garantendo una cornice etica alla ricerca scientifica e alla cura dell’essere umano. La contraddizione che molte nazioni manifestano, tra cui l’Italia, risiede nel fatto che tendono a negare la ricerca sulle cellule staminali embrionali con pochi giorni di vita (legge 40/2004) ma ammettono la liceità dell’aborto per un periodo abbastanza lungo della gravidanza, fino a tre mesi di vita del feto (legge 194/1978). Per superare tale contraddizione sarebbe necessario superare la lotta politica tra “oscurantisti che boccano la ricerca” e “distruttori della dignità umana” per stilare delle norme che salvino la ricerca scientifica pur nel rispetto della vita umana e non.
Bibliografia
Annas J.G., “A French Homunculus in a Tennessee Court”, Hasting Center Report, 19/11/1989, pp. 20 – 22. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/2606654/
Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB): http://bioetica.governo.it/italiano/
“Parere sull’impiego terapeutico delle cellule staminali” (2000)
Parere su ricerche utilizzanti embrioni umani e cellule staminali (2003).
Congregazione per la Dottrina della Fede, Dignitas Personae (2008): shorturl.at/isISZ
Nave L., “La vita al bivio: il counseling filosofico e il dilemma morale” in, Rivista Italiana di Counseling Filosofico, n. 12, 2020, pp. 35-42. www.rivistacf.com
Nave L., Lascia stare Dio e muori. Il lamento di Giobbe al tempo della BioTecnoMedicina, Pragma Society Books, Torino (in pubblicazione 2020).
Sandel M.J., Contro la perfezione. L’etica nell’età dell’ingegneria genetica, Vita e pensiero, Milano, 2008.
0 commenti