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“Sì, mio cugino lo salvo io”. E l’ansia morale mi assale. Luca Nave

ansia

“[…] la nottola di Minerva inizia il suo volo sul far del crepuscolo”.


G. W. F. Hegel

 Lineamenti di filosofia del diritto    Prefazione

La storia

Robert McFall è affetto da una grave forma di anemia aplastica, caratterizzata dall’insufficiente produzione nel midollo osseo di cellule del sangue (pancitopenia) o selettivamente di globuli rossi. Per aumentare le sue probabilità di sopravvivenza nell’anno successivo dal 25% al 60 %, è necessario un trapianto di midollo osseo da un donatore geneticamente compatibile.

Suo cugino “fraterno”, David Shimp, si sottopone agli esami per stabilire la sua compatibilità. È compatibile; ma dopo il consenso al test per stabilire la compatibilità dei tessuti, David si rifiuta di eseguire il test di compatibilità genetica. Ha cambiato idea a riguardo della donazione.

Nel periodo di tempo trascorso tra i due test David ha avvertito una forte “ansia morale”, ha trascorso notti insonni costellate da “tormenti esistenziali ” e da “pensieri ricorrenti e ossessivi” circa la liceità morale della sua decisione. Vedremo dopo le ragioni, i sentimenti e le emozioni che causano l’ansia morale: quando saremo fuori dalla morale.

Robert è sconvolto dalla notizia del ripensamento di David. Il suo sconvolgimento giunge all’orecchio del suo amico e avvocato di fiducia, che chiede al tribunale di ingiungere a David l’obbligo di sottoporsi al test di compatibilità genetica e donare il suo midollo osseo al cugino nel caso il test avesse indicato una buona compatibilità.

La questione “morale” diventa “legale”.

L’obbligodovere di beneficenza di David nei confronti di Robert è un obbligo di prevenire o eliminare il danno oppure di promuovere il benessere di Robert? L’avvocato di Robert sostiene – con forza ma senza successo – la tesi che se David non ha l’obbligo legale di beneficenza che impone di soccorrere suo cugino in pericolo di vita (fare il bene di suo cugino), ha l’obbligo legale di non maleficenza (non fargli del male), che esige di non creare un danno che peggiori la situazione clinica ed esistenziale di Robert. L’avvocato sostiene la sua tesi argomentando il fatto che il periodo trascorso tra il consenso al test di compatibilità dei tessuti e il rifiuto del consenso al test di compatibilità genetica – il periodo in cui David era in preda all’ansia morale e non sapeva prendere una decisione– causa un “ritardo di proporzioni ingenti” e viola l’obbligo legale di non maleficenza.

Il giudice stabilisce che David non ha violato alcun obbligo legale, pur sostenendo che le sue azioni sono “moralmente indifendibili”. 

L’anno successivo Robert muore.

L’ansia morale che fa trascorrere notti tormentose a David che, come l’Asino di Bulidano, non sa prendere una decisione sicura (sine cura, senza preoccupazione), ha una precisa causa e una altrettanto precisa sintomatologia. E dispone di diverse cure.

L’ansia morale: le cause.
La causa dell’ansia morale risiede nella profonda crisi in cui è precipitato l’istinto morale che si è manifestato quando David, guardando il “Volto” (Levinas) di Robert, ha detto: “Sì, mio cugino lo salvo io”. 

L’istinto morale è una pulsione che viene prima di ogni ragione e di ogni ragionamento, di ogni teoria, legge, emozione e sentimento. Le grandi teorie etiche, di tutti i tempi, cercano di dare un fondamento a questo “Sì” pronunciato da un Io a un Altro; per istinto morale David dice: “Sì, mio cugino lo salvo io”, perché tentare di salvare la vita di suo cugino, in quel momento, è il bene morale.

La morale è racchiusa nel guscio di questo istintoche suggerisce – non comanda – di fare il bene del/per l’Atro. L’etica e il diritto, che hanno invece il compito di “comandare” di fare il bene del/per l’Altro, hanno anche il potere di legiferare, di creare teorie, principi, regole e giudizi per dare un fondamento razionale e condivisibile all’istinto morale che suggerisce di fare il bene (principio etico di beneficialità) o almeno di non fare il male (principio etico di non maleficenza) del/per l’Altro.
Perché fare il bene del/per l’Altro? Per altruismo, per egoismo-amor proprio, per senso di responsabilità, per dovere, per il sentimento che mi lega all’altro, e per altre intenzioni, motivazioni, principi, sentimenti che si fanno intervenire per dare un fondamento filosofico all’istinto morale e alla giustificazione di un’azione morale (i famosi ismi). Tutte le teorie etiche, ribadiamo, nutrono il comune desiderio di stilare appunto una teoria, un codice di principi, norme, leggi, valori che diano un fondamento all’istinto morale che fa dire: “Sì, mio cugino lo salvo io”. Prima di ogni ragione, argomentazione, giustificazione, e prima di ogni emozione e sentimento che possono intervenire nel processo deliberativo. 

“Prima della nottola di Minerva, che giunge al fare della sera…”

Quando inizia il processo deliberativo, là finisce la morale.

Quando David inizia a domandarsi se sia giusto o ingiusto sottrarsi al secondo test, quando cerca giustificazioni per lenire la sua ansia morale, là siamo dentro-fuori dalla morale. Il suo istinto – ciò che si sente di dover fare per il bene dell’altro, prima e al di là di ogni ragione-emozione – crea un crisi d’ambivalenza attraverso le domande razionali e le emozioni-sentimenti vivissimi scatenati dal suo essere in quella situazione. 

Prende avvio il processo deliberativo, più o meno razionale, che cerca di giustificare la tesi che dovrebbe donare il midollo osseo a suo cugino, oppure l’antitesi che non dovrebbe sentirsi obbligato a fare l’operazione. Si intraprende un percorso di ricerca di risposte che diano una giustificazione all’istinto morale che ha fatto dire a David “Sì, mio cugino lo salvo io”, oppure alle questioni che lo hanno mandato in crisi e che accompagnano l’ansia morale.


L’ansia morale: i sintomi.
David prova sulla sua pelle la crisi dell’istinto morale. La crisi irrompe con domande fatali, un mix caotico di ragione ed emozione (wishfull thinking): “perché dovrei rischiare la vita per migliorare di poco la percentuale di sopravvivenza di mio cugino?”; “lui lo farebbe per me?”; “è giusto rischiare la mia vita e lasciare i miei figli orfani, per un misero 25 % di possibilità di salvare la vita di mio cugino?”, sono, a mero titolo di esempio, le domande che generano i sintomi dell’ansia morale. Tante domande sotto tante forme, senza risposte. Una sensazione di ansia permanente domina la giornata di David, con pensieri ricorrenti sotto forma di dilemmi. Un problema si risolve, un dilemma no.

L’ansia morale si può lenire non eliminare. Si può prendere lo Xanax, il rimedio “fast food” per combattere i sintomi somatici (insonnia, palpitazioni ecc.) oppure si può fare ricorso al “parere esperto” dell’avvocato, dello psicologo, del filosofo o del prete. In questo caso si incontrano “saperi” e “fedi” della giurisprudenza, della psicologia, della filosofia, della religione, ovvero del senso comune. Ma la morale non c’è più. Nel momento in cui si cerca di giustificare azioni o omissioni, condotte e comportamenti con il ricorso alla ragione, alla fede o alla legge ci si trova fuori dal campo della morale, che ribadiamo essere rinchiusa nel guscio dell’istinto o pulsione morale che ha fatto pronunciare a David l’affermazione: “Si, mio cugino lo salvo io”, senza sapere, o meglio, ancora prima di sapere, se questa sia la scelta giusta. Le categorie di vero, buono, giusto e bello vengono dopo l’istinto morale, per sapere se l’azione suggerita dall’istinto sia quella più vera, più buona, più giusta e più bella, tra tutte quelle possibili. L’istinto morale offre un suggerimento ignorante, la ragione la trasforma in gnosi, nella conoscenza della verità, della bontà, della giustizia e della bellezza.


L’ansia morale e le cure.
L’avvocato, il prete, lo psicologo, il medico e il filosofo offrono diverse cure possibili all’ansia morale, in base al proprio orientamento, al proprio “sapere” e al proprio “potere”. La sentenza del giudice che ha negato la richiesta di procedere con l’intervento è stata in qualche modo “terapeutica” per David, ha in qualche modo giustificato, almeno da un punto di vista legale, la decisione di non sottoporsi all’intervento (per quanto sia stato giudicato dalla Corte come una specie di “mostro morale”). Allo stesso modo il lavoro del medico che prescrive lo Xanax, dello psicologo che lavora sulle emozioni e sui vissuti e del prete che allarga la prospettiva al trascendente dipendono dal paradigma dal quale si guarda l’ansia morale e cosa si vuol fare dei sintomi che manifesta.

E il filosofo cosa guarda e da dove guarda l’ansia morale? Facendo tesoro dei metodi e degli strumenti elaborati nel corso di una lunga tradizione etica e di filosofia morale, il filosofo assiste David nel processo deliberativo e nella giustificazione argomentativa della sua scelta e delle condotte possibili. Le competenze teoriche in dilemma training e nelle teorie delle decisioni vengono calate e inclinate (Klìno, reclinate) dal filosofo clinico nella situazione esistenziale vissuta per scoprire intenzioni, motivazioni e argomenti, più o meno consci e più o meno fallaci, che determinano la decisione che il soggetto reputa migliore per sé.

L’assistenza al processo deliberativo passa attraverso l’analisi dei pensieri “malsani” che causano l’ansia morale e che ne determinano la sintomatologia. La chiarificazione dell’esistenza offerta dalla filosofia  clinica (Jaspers) incarna la sua valenza curativa e terapeutica della condizione umana, alternativa ma non sostitutiva delle altre forme di cura dell’ansia morale.

Per un approfondimento di alcuni temi qui solo accennati rimandiamo alla pubblicazione
Nave L., Il Counseling Bioetico: istruzioni per l’uso, Mimesis Edizioni (autunno 2019)

Bibliografia essenziale

Culliton B.J., “Court Upholds Refusal to Be Medical Good Samaritan,” Science 201 (August 18, 1978)

Hegel F., Lineamenti di filosofia del diritto. Diritto naturale e scienza dello stato in compendio, Laterza, Milano 2004

Jaspers K. Filosofia (III Vol.), Mursia, Milano 2006

Levinas E., Totalità e infinito, Jacabook, Milano 2018

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