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I PITAGORICI. ASTENSIONI CARNALI. La Filosofia in Cucina di Giovanna Borrello

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Ho scelto come prima ricetta, una ricetta abbinata ad una “scuola filosofica”, per richiamare l’ attenzione del  lettore  sul legame della Scuola-Pragma e della Scuola- Metis con le più antiche scuole filosofiche greche.

È tratta dal libro: G. Borrello, P. Schiano , “La Mente a banchetto”,  ed. Tempolungo , 1996 (Cap. “As-saggini di filosofia greca”)

         

I Pitagorici non solo rappresentano una importante scuola di pensiero ma costituiscono una sorta di primitiva “Massoneria” filosofica.
Le discussioni filosofiche-scientifiche, che ponevano come fondamento di tutte le cose i numeri e
non più gli elementi naturali come l’acqua, il fuoco e l’apeiron, si svolgevano rispettando un rigido ri-tuale standardizzato il quale per molti diveniva anche regola di vita.
Non solo mettevano in comune i propri beni ma si riconoscevano anche attraverso segni segreti. Osservavano anche particolari norme circa modi di vestire e di mangiare. A questo riguardo la regola vietava di cibarsi di carni e di fave.

Era quindi quella dei pitagorici una sorta di setta in cui le convinzioni filosofiche assumevano quasi le caratteristiche di un credo religioso. Ed anche in questo caso le abitudini alimentari diventano materia delle “regole”, così come avviene per ogni religione, antica o moderna che sia.
Ma noi che pitagorici non siamo, vi proponiamo.

_______________________________________________________________________________________                                                                    FAVE ALLA PANCETTA                                                       

1 Kg di fave fresche
200 gr. di pancetta affettata finemente a dadini
n.1 cipolla fresca affettata finemente
n.1 misurino d’olio d’oliva 
sale e pepe q.b.
Sgusciare e lavare le fave. Soffriggere in una padella larga l’olio con la cipolla e la pancetta. Lasciare imbiondire il tutto ed aggiungere le fave per farle insaporire. Versare un bicchiere d’acqua, salare e lasciare cuocere a pentola coperta per circa 20 minuti. Pepare e servire accompagnando con crostini di pane casareccio.
Come vedete è una ricetta adatta a questo periodo: le fave sono cibo di stagione, facilmente reperibile e si può utilizzare anche pane avanzato per i crostini, in un momento in cui lo spreco non è ammissibile.  

Autrice: Giovanna Borrello
CURIOSITA’…
…Perché i Pitagorici vietavano di mangiare le fave?

Narra Diogene che Pitagora preferì morire piuttosto che attraversare un campo di fave:

“Pitagora morì in questo modo. Mentre lui e i suoi tenevano una riunione nell’abitazione dell’atleta Milone, capitò che uno di quelli che non erano stati ritenuti degni di essere ammessi al sodalizio, per invidia, appiccò il fuoco all’abitazione. Pitagora dunque fu preso mentre fuggiva: giunto a un campo di fave, pur di non attraversarlo si arrestò, proclamando che era meglio essere catturato piuttosto che calpestarle e preferiva farsi uccidere, piuttosto che parlare; così, fu sgozzato dai suoi inseguitori”.

Il divieto di mangiare le fave, come ha messo in luce Claude Lévi-Strauss, probabilmente derivava da antiche religioni totemiche e primordiali credenze arcaiche, apprese da Pitagora durante i suoi lunghi e numerosi viaggi.

Le fave erano considerate piante magiche, dotate di una potenza misteriosa e cosmica, sede di esseri soprannaturali in grado di influenzare negativamente o positivamente la vita degli uomini. Erano un cibo sacro agli dei dell’oltretomba o un cibo caro ai morti e per questo oggetto di tabù.

Inoltre, come sostiene Gerald Hart, c’erano delle ragioni di prevenzione sanitaria, legate al fatto che il favismo (anemia emolitica acuta) fosse una malattia diffusa nella zona del crotonese.

Occorre comunque ricordare che le ragioni mistico-religiose e quelle sanitarie erano profondamente connesse, poiché i greci del VI secolo a.C. avevano un modo diverso dal nostro di considerare le malattie: esse erano certamente connesse alla religione e all’osservanza dei suoi precetti.

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